lunedì 18 maggio 2009

Un futuro amarissimo, dietro l’ottimismo di facciata

Fonti

Il Sole 24 ore del 06 maggio 2009:

1)"Bernanke: ripresa a fine anno" di Mario Platero pag. 3;

2)"Troppo ottimismo non serve alla ripresa" di Alessandro Merli pag. 12;

3)"Dieci banche USA da ricapitalizzare" di Marco Valsania pag. 3

Il Sole 24 ore del 30 aprile 2009:

1) "Diventerà l'IVA il vero forziere" di Eu. B. (Eugenio Bruno) pag. 5;

2)"La riforma sarà a regime nel 2016" di Eugenio Bruno pag. 2;

3)"Per 12 Regioni partenza "in rosso"" di Dino Pesole pag. 3;

4)"Dopo 150 anni il fisco diventa federale" di Barbara Flammeri pag.3.

Negli ultimi tempi abbiamo rilevato che il sistema sta cercando di muoversi su due direttrici: da un lato quella di minimizzare gli effetti negativi della crisi e di ampliare le aspettative positive e dall'altro di iniziare a programmare il futuro con nuovi assetti politico-istituzionali. Riguardo la prima direttrice c'è da dire che è una necessità del tutto in linea con le priorità di una classe dirigente che vuole dimostrare che questa è stata solo una battuta a vuoto ma che il sistema è sempre in grado di trovare al suo interno le giuste contromisure, tanto da essere considerato insostituibile e, addirittura, non discutibile.

In questo tipo di ottica, e di strategia d’informazione (o piuttosto di manipolazione), anche i dati e le previsioni che di per se stessi sono preoccupanti vengono interpretati in chiave quanto meno possibilista riguardo a una ripresa futura che, pur se in tempi medio-lunghi, porterà l’economia a uscire con certezza, a loro dire, dalle secche attuali. Ecco così che le indicazioni fornite da Bruxelles per il nostro Paese relativamente al 2009 (Pil a -4,4% e rapporto debito/Pil al 113,8%) e per il 2010 (Pil a +0,1% e rapporto debito/Pil al 116,1%) vengono definite “buone” dal Ministro Tremonti che dice "Ci riconosciamo nei numeri europei e apprezziamo le parole di elogio per l'operato del Governo".

Negli USA sulla stessa linea ottimistica si esprime anche il Governatore della FED, Ben Bernanke, che si è detto soddisfatto dell'esito degli “stress test” sulle banche americane: su 19 istituti analizzati "solo" 10 hanno bisogno di nuovi capitali! Nell’imbastire la sua difesa d’ufficio, inoltre, Bernanke si è anche richiamato all'andamento delle scorte di magazzino che, scese nel corso del primo trimestre del 2009, dovranno essere necessariamente ricostituite nel corso di questo secondo trimestre. Vedremo se queste previsioni saranno rispettate ma intanto non possiamo non sottolineare ciò che scrive, su questo ottimismo a tutti i costi, Alessandro Merli. "Le autorità – si legge nel suo articolo del 6 maggio – non avvicineranno questa normalizzazione con la pubblicazione di scenari forzatamente a lenti rosa, a rischio di essere smentiti, ma con l'adozione di politiche credibili che ricostituiscano le basi per la crescita".

Appunto: il sistema si muove cercando di manipolare l'informazione in modo strumentale ai propri fini. Oltre a questo modo di voler condizionare l'opinione dei cittadini-consumatori, come abbiamo rilevato nel nostro intervento del 30 aprile scorso, si sta cercando di adottare un nuovo modello politico-istituzionale che possa, il più velocemente possibile produrre nuova crescita e far recuperare ai bilanci pubblici, che da questa fase ne usciranno disastrati a causa del super indebitamento, situazioni contabili di maggior tranquillità. In Italia già qualcosa di importante si è mosso in questa direzione. La scorsa settimana, infatti, il Senato ha approvato il cosiddetto "federalismo fiscale". La legge ha ottenuto 154 voti favorevoli, mentre 87 sono stati gli astenuti (tra cui il PD con l'eccezione di tre senatori tra cui Marco Follini) e solo 6 i voti contrari. I voti contrari, particolare da non trascurare, sono dell'UDC.

La riforma, senza entrare nel dettaglio, andrà a regime nel 2016 dopo un periodo transitorio di 5 anni e un iter complesso. Essa ridisegnerà i rapporti tra Stato ed Enti locali circa i trasferimenti di fondi. Da notare che il vero "forziere" della riforma stessa sarà una voce ben precisa: la compartecipazione all'IVA. Questa appare come novità assoluta e uno dei capisaldi, "insieme alla cancellazione dei trasferimenti erariali (tranne a quelli concessi a garanzia dei mutui già accesi) e alla perequazione verticale a favore degli enti a minore capacità fiscale" della riforma stessa in quanto l'IVA non è legata al reddito ma ai consumi. Poiché i consumi, però, sono variabili per definizione, non si capisce come possano assicurare agli Enti Locali l’effettiva e stabile autonomia di entrate, e quindi di spesa, di cui hanno bisogno.

Quella fiscale è una materia molto tecnica, ma diventa centrale per capire che nell’Italia del futuro si mirerà a evitare di attribuire troppe risorse agli Enti locali. Che, invece, dovranno sviluppare una politica più attenta ad evitare sbilanci, allineando i propri costi a quanto si produce. Nell’articolo di Dino Pesole del 30 aprile viene evidenziata la differenza tra entrate tributarie e spesa pubblica in ogni Regione. Ebbene, per il Meridione ne viene fuori un quadro sconfortante. Solo otto regioni spendono meno di quanto producono: Lombardia, Emilia Romagna.,Veneto, Piemonte, Toscana, Lazio, Marche, Friuli. Poi il disastro. A parte Liguria, Abruzzo e Provincia di Bolzano che si trovano in un "quasi pareggio", per gli altri è profondo rosso. Mentre l'unico ente del nord in passivo è la Provincia di Trento, è la generalità del Sud a essere in difficoltà, per non dire di peggio.

È la fotografia di una nazione spaccata in due. Proprio nel Sud, quindi, si giocherà una partita fondamentale per il futuro nazionale, non solo economico ma anche e soprattutto politico. La classe politica italiana dovrà sostenere un banco di prova determinante, sia per se stessa che per le sorti dell'intero Paese, trovando il modo di far superare al Mezzogiorno i suoi vizi consolidati: ma dovrà riuscirci facendo coesistere l’incremento della ricchezza prodotta (e quindi delle entrate) con una politica di estrema attenzione alle spese. Questo difficile, difficilissimo equilibrio dovrà, in ogni caso, essere attuato senza perdere di vista il consenso elettorale: il che conferma l’ipotesi che si decida di ricorrere, come abbiamo già avuto modo di evidenziare, a "dei nuovi personaggi che – non essendo, o non apparendo troppo compromessi col passato – facciano da catalizzatore di un sentimento comune di condivisione".