Se e’ vero che al fondo dell’anarchismo c’è sempre il sale dell’individualismo, cioè la rivendicazione dei diritti dell’individuo contro le pretese dello Stato, delle chiese, dei partiti, non sarebbe tuttavia giusto identificare individualismo e anarchismo.
Ad esempio, sul problema dell’assetto sociale di una società anarchica si riscontrano vari e diversi indirizzi : un anarchismo comunista, cioè per la completa comunione dei beni, un anarchismo più moderatamente socialista, un anarchismo genericamente solidarista e infine, nettamente minoritario, un anarchismo individualista. Particolare importanza ebbe il c.d. individualismo antiorganizzatore e, in fondo, un pò di questo anarchismo fu presente in tutte le prese di posizione del movimento anarchico sul problema dell’organizzazione e, più specificatamente, del partito. Ma ad un certo momento, questo motivo polemico cominciò a lavorare come un tarlo contro lo stesso anarchismo di tendenza associativa, a orientamento federalista. Fu negli anni ottanta che si diffuse un anarchismo che prima istintivamente e poi in modo più programmatico razionalizzava questa disorganizzazione di fatto ed avversava qualsiasi forma di associazione generale e permanente. Lentamente il rifiuto dell’organizzazione invase tutto il corpo del movimento anarchico, sicché, quando Malatesta cercò di tirare le fila di un “partito”, sia pure immune da ogni centralismo e impiantato su una base largamente federativa, cozzò contro fortissime resistenze psicologiche. Perciò bisogna distinguere due tempi di sviluppo di questo individualismo : un primo tempo di generica e ancora confusa insofferenza verso certe strutture e procedure e successivamente una precisa formulazione di una dottrina dell’individualismo anarchico. Connessa a questa corrente fu l’individualismo d’azione, in quanto, rifiutato il partito, rifiutato il lavoro di organizzazione, di consultazione, di elaborazione di una politica, rifiutata la presenza nei sindacati, agli individualisti restava come unico mezzo di lotta e di presenza politica l’ “atto individuale”. E dell’atto individuale, l’attentato o qualsiasi altra forma di protesta violenta, essi fecero il perno del loro impegno rivoluzionario. E’ così che, mentre l’individualismo teorico restava ai margini, l’individualismo antiorganizzatore e l’individualismo d’azione confluivano in un’unica corrente : l’anarcoindividualismo. Infatti, fin dai tempi della prima Internazionale, gli anarchici italiani avevano sempre solidarizzato con gli attentatori, sia Passanante che Hoedel e Nobiling, che avevano attentato alla vita dell’imperatore di Germania nel 1878.
Gli anni settanta si chiusero in Italia con i processi alle bombe. Gli anni ottanta furono in Europa tutto un seguito di esplosioni sotto i troni dei monarchi, contro gli edifici o i simboli del potere costituito e contro le persone fisiche che lo rappresentavano.
In Russia il 1° marzo 1881 terroristi della Narodnaja ( i c.d. narodniki, da narod=andare al popolo, ossia i populisti) uccisero lo zar Alessandro I, determinando una strage. In Austria due anarchici, accusati di avere ucciso dei poliziotti, vennero impiccati. In Germania, in seguito ad un fallito attentato contro l’imperatore Guglielmo I, due anarchici, Reinsdorf e Kuchler vennero condannati a morte. Il Reinsdorf, giunto dinanzi al ceppo per la decapitazione, gridò :”Viva l’Anarchia ! Abbasso la barbarie !”.
A Chicago, negli Stati Uniti, in occasione di una dimostrazione operaia, il 4 maggio 1886 parecchi poliziotti restarono sul terreno in seguito all’esplosione di una bomba. Vennero arrestati, come colpevoli, alcuni organizzatori sindacali, quasi tutti di idee anarchiche, e cinque di essi furono condannati a morte. L’11 novembre 1887, quattro di essi salirono sulla forca. Il quinto, si era ucciso in carcere, facendosi esplodere una cartuccia di dinamite in bocca. Furono chiamati i “martiri di Chicago” e divennero subito un tema caro alla propaganda socialista ed anarchica, che dette origine alla festa del 1° maggio.
Si è accennato ad alcuni episodi principali del terrorismo nel corso degli anni ottanta. Tutti questi fenomeni, e molti altri minori, crearono l’ambiente per la genesi e lo sviluppo delle correnti individualiste. Queste correnti teorizzavano l’illegalismo in ogni forma, dalla violenza contro i rappresentanti del mondo ufficiale al furto espropriatore per procurarsi i mezzi finanziari per le loro imprese.
Nell’ottobre del 1889, Malatesta tornò in Europa dopo un lungo esilio in Argentina. A Nizza fondò un giornale, L’Associazione. In Italia non esisteva più la vecchia Internazionale e non esisteva ancora il partito socialista. Malatesta, dunque, intravide la possibilità di richiamare gli anarchici e insieme a loro tutto il movimento socialista italiano, ancora largamente impegnato di anarchismo, intorno ad un programma rivoluzionario, in alternativa alla tendenza parlamentare. Il giornale si propose di essere il portavoce di tale programma e lo strumento di una ripresa organizzativa di cui tutti sentivano la necessità. Il piano d’azione pratico era quello tradizionale e, quanto ai mezzi, non si discostava molto da quello degli individualisti. Tuttavia, Malatesta se da una parte invitava a “profittare di tutte le occasioni, di tutti gli avvenimenti politici, economici e giudiziari, per indurre il popolo a impadronirsi della roba, ad offendere l’autorità, a disprezzare e a violare la legge”, dall’altra raccomandava di “ispirare l’amore, la solidarietà, lo spirito di sacrificio verso i poveri e gli oppressi”. Nessuna concessione al parlamentarismo e all’elettoralismo, cui veniva opposta l’azione diretta dei coscritti che disertavano, dei soldati che si ribellavano, dei fittavoli che non pagavano i canoni, degli scioperanti che imponevano i loro patti ai padroni “con la forza ed il saccheggio”. Questa azione veniva inquadrata in una strategia di rivoluzione armata, da portare avanti con la partecipazione delle masse e con l’obbiettivo della comunanza dei beni : generi di consumo, case, terre, macchine, materie prime, strumenti di lavoro, ecc.
Questa è la prima differenza tra anarchici individualisti ed anarchici associazionisti : i primi volevano l’azione per l’azione, eversiva e distruttrice ; i secondi volevano la rivoluzione che, senza autorità e senza obbiettivi di potere, si presentava come organizzato e responsabile atto politico di trasformazione sociale. La seconda differenza consiste nell’idea di partito che gli associazionisti si proponevano di costituire sul piano nazionale e internazionale e su una base politica molto larga, che comprendesse insieme agli anarchici, anche i socialisti antiparlamentari e comunque tutti i rivoluzionari : un partito con strutture federative e libertarie, ma con i connotati di una organizzazione generale permanente. Gli individualisti rifiutavano la proposta di un partito anarchico e accettavano solo forme di intesa di un gruppo per determinare azioni di propaganda o di protesta (il giornale, l’attentato, ecc.). la terza differenza riguarda il grande interesse che gli associazionisti attribuivano alla partecipazione delle masse all’azione rivoluzionaria, con particolare riguardo al mezzo dello sciopero, in polemica con le azioni di minoranze o di individui che passavano con i loro attacchi sopra la testa delle masse, mancando allo scopo di educarle e sboccando in soluzioni autoritarie.
In questo spirito, si capisce come Malatesta deplorasse sul suo giornale ogni forma di polemica personale e astiosa contro i socialisti e faccia una aperta autocritica della tattica insurrezionale seguita ai tempi dell’Internazionale e portasse avanti un preciso discorso politico.
Il 4, 5 e 6 gennaio 1891 si tenne nel piccolo centro ticinese di Capolago si tenne un congresso nazionale degli anarchici, promosso dal Malatesta. Esso fu il più importante fatto organizzativo dopo la fine dell’Internazionale ed ebbe un pieno successo, non solo per la partecipazione di delegati ma anche perché rispose pienamente agli intenti dei promotori. Insieme a Malatesta, parteciparono anche personalità come Merlino, Molinari, Gori, Cipriani e Agostinelli.
Dal congresso uscì il partito, anzi la federazione italiana di un Partito socialista anarchico rivoluzionario internazionale, la cui estensione ad altri paesi era nei propositi dei suoi fondatori.
Il congresso decise all’unanimità di aderire alla festa del 1° maggio per farne una grande occasione di agitazione sociale e di lanciare un appello ai socialisti e al popolo d’Italia. L’appello, diffuso in tutta la penisola, conteneva un compendio delle idee socialiste e anarchiche :
“Tu credesti nei preti e sperasti in Dio ; ma Dio fu sordo alle tue preghiere e i preti si allearono coi tuoi padroni ed ingrassarono alle tue spalle.
Tu credesti nei patrioti ; combattesti per conquistarti una patria, e la patria ti ha sfruttato, affamato, umiliato. Tu credesti nella libertà ; per la libertà cospirasti e combattesti e la libertà si rivelò amara ironia, che solo ti lascia libero di morire di fame. Tu credesti e credi ancora nei ciarlatani si fanno sgabello di te e saliti in alto ti opprimono, ti irridono, ti sfruttano...
Ancora una volta, rivoltati da te e per conto tuo. Abbatti il governo ; prendi possesso della terra, delle case, delle macchine, dei generi alimentari, di tutto ciò che esiste, ed organizza da te la produzione ed il consumo per il maggior vantaggio di tutti.
Soprattutto, non rinunziare nelle mani di alcuno alla libertà che avrai conquistata.”
Negli anni tra il 1891 e il 1893 Malatesta e Merlino, fra cospirazioni, persecuzioni ed esili, svolsero un intenso lavoro di difesa e di riqualificazione dell’anarchismo socialista ed organizzatore, differenziandolo nettamente dall’individualismo. Merlino, più che Malatesta polemizzò contro l’anarchismo nullista, ponendo francamente il problema di una separazione. Lo spirito critico di Merlino, la sua attenzione costruttiva ai problemi economici e sociali del dopo-rivoluzione, la convinta adesione ad un socialismo fondato al tempo stesso sulla solidarietà e sulla libertà, lo distaccavano nettamente dall’anarchismo individualista e dinamitardo. Anche Malatesta fu molto preoccupato dal diffondersi di tendenze negative, settarie e autodistruttive.
Senza far mancare la propria solidarietà morale agli atti di protesta come gli attentati, egli ne vedeva i limiti e indicava il rimedio all’isolamento in cui il movimento era caduto dopo la fine dell’Internazionale, nella presenza degli anarchici nelle organizzazioni operaie, nelle agitazioni e negli scioperi. Contro gli atteggiamenti “suicidi” degli individualisti, Malatesta delineava una azione di massa, non solo per ragioni pratiche (“la rivoluzione non si fa con quattro gatti”) ma anche per una ragione di principio : perché una rivoluzione libertaria non poteva essere condotta da piccole minoranze alla guida di masse acefale, ma doveva avere le grandi masse come vere protagoniste. Per questo Malatesta invitava i suoi compagni a rituffarsi e ritemprarsi, oltre che nell’organizzazione di partito, nell’associazionismo operaio allora, sull’esempio francese, in grande espansione.
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